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LIBRI.
Titolo: Assolvete l'Andrea Doria.
Autore: Fabio Pozzo.
Prezzo: € 8,90.
Anno: 2008.
Editore: TEA.
Collana: Tea storica.
Il transatlantico Andrea Doria, fiore all’occhiello della compagnia Italia di Navigazione ed orgoglio del cantiere Ansaldo di Genova, stava percorrendo la solita rotta Italia-Stati Uniti d’America quando, la sera del 25 luglio 1956, al largo dell’isola di Nantucket (poco lontano da New York), entrò in collisione con l’ammiraglia svedese Stockholm e la mattina del 26 colò a picco sul fondale dell’Oceano Atlantico.
A causa dell’urto, che distrusse diversi alloggi, persero la vita 52 persone (46 a bordo del Doria e 6 a bordo della Stockholm), ma le altre 1.660 che si trovavano sull’ammiraglia italiana prossima ad affondare, vennero tratte in salvo grazie alla più grande operazione di salvataggio di tutti i tempi, che vide coinvolte altre grosse navi come ad esempio la Cape Ann e l’Ile de France.
Sul caso, purtroppo, non venne mai accertata nessuna verità, poiché all’unico processo tenutosi, ovvero l’udienza preliminare di New York, le due compagnie giunsero ad un accordo che accontentava sia loro stesse che le assicurazioni. Le prime poiché i costi processuali rischiavano di lievitare con l’andare del tempo e poiché sussisteva il pericolo dell’apertura di un procedimento penale per naufragio e per omicidio colposo, le seconde perché temevano che i risarcimenti si potessero gonfiare all’ennesima potenza.
Il libro di Pozzo ci fa però notare che tale accordo non soddisfece né i superstiti del naufragio, ai quali giunsero indennizzi molto più bassi rispetto a quelli richiesti, né l’equipaggio dell’Andrea Doria, praticamente obbligato a non proferir parola sull’accaduto e mai ufficialmente ringraziato, nonostante avesse dato prova di estremo coraggio durante le operazioni di salvataggio e nonostante fosse stato dimostrato, sia da appositi studi di esperti di navigazione, sia da una commissione di inchiesta italiana (i cui documenti risultavano inediti prima che Fabio Pozzo, dopo tanto peregrinare da un ufficio all’altro, riuscisse ad entrarne in possesso) che le colpe della collisione erano da imputare alla nave svedese.
In Italia, insomma, come per tante altre vergognose vicende in cui si è preferito anteporre l’interesse economico alla ricerca della verità, prevalse la via del silenzio. Questo sia per preservare l’immagine dell’Italia di Navigazione, che in tal modo non rischiava che venissero intaccati i guadagni provenienti dai transatlantici di sua proprietà che percorrevano la stessa rotta del Doria, sia per non rovinare i rapporti fra il l’Ansaldo e la Svenska America (la compagnia della Stockholm), la quale aveva da poco commissionato al cantiere italiano la costruzione della nuova ammiraglia.
Così, mentre gli svedesi, assai più saggiamente, non persero mai occasione per dichiarare la propria innocenza al mondo intero, facendo anche quadrato attorno al proprio capitano e promuovendo con avanzamenti molti membri dell’equipaggio, i valorosi uomini dell’Andrea Doria furono abbandonati a loro stessi lasciando che su di essi continuasse ad aleggiare per anni il sospetto di codardia. Addirittura, il povero comandante Calamai, ormai prossimo al pensionamento, non venne nemmeno reintegrato in servizio per i mesi che lo separavano dall’abbandono del proprio lavoro per sopraggiunti limiti d’età, facendo sì che si portasse dentro un ulteriore dispiacere che lo spinse a pronunciare, poco prima di morire, all’età di 75 anni, un’eloquente domanda alle proprie figlie: “Sono salvi i passeggeri?”.
Il libro di Pozzo è davvero completo e ricco di informazioni che consentono a qualsiasi profano della materia di farsi un’idea sulla vicenda di una tragedia che è stata messa a tacere troppo frettolosamente a discapito di persone che rischiarono la propria vita per salvarne altre.
Il testo è inoltre di fondamentale importanza perché rende finalmente noto il responso dell’unica vera sentenza sulla collisione emessa da un’autorità costituita (ovvero la commissione d’inchiesta italiana di cui sopra). Responso che era rimasto chiuso per cinquant’anni in un qualche cassetto impolverato al fine di non ledere gli interessi di qualcuno.
Unica piccola pecca di “Assolvete l’Andrea Doria” è il linguaggio un po’ troppo tecnico a cui fa ricorso l’autore in alcuni passaggi (fortunatamente non fondamentali del libro) e che risulta quindi di non semplice comprensione per chiunque sia privo di nozioni di navigazione marittima.
L’auspicio è, ovviamente, che Fabio Pozzo, col proprio lavoro di ricerca, abbia contribuito e possa contribuire in futuro a far luce su una vicenda rimasta nel cuore di tanta gente, come la lobby della memoria, ossia un gruppo di persone di cui fanno parte anche ex-ufficiali dell’ammiraglia italiana, il cui scopo è battersi per la riabilitazione dell’intero equipaggio.
Sarebbe davvero un grande dispiacere se l’Andrea Doria continuasse a giacere, tra l’indifferenza generale, sul fondale dell’Oceano Atlantico ricordato, magari, soltanto dai subacquei che vi fanno regolarmente tappa arrogandosi, purtroppo, in diversi casi, il diritto di depredarne dei pezzi.
By Giamma
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