di Nicola Lombardozzi
Puoi dare del ladro e del dittatore a Putin e cavartela se ti va bene, con qualche ora di cella. Ma se fai l'errore di metterti contro la Chiesa di Russia, sono guai seri. Cinque giovani donne della provincia profonda, venute a Mosca in cerca di popolarità e di un po' di trasgressione, rischiano adesso addirittura sette anni di carcere per aver scatenato l'ira del Patriarca Kiril, il capo della Chiesa ortodossa che dimostra di avere un'influenza sempre più forte sul neo presidente russo.
Le ragazze fanno parte di uno scalcinato gruppo punk che si chiama provocatoriamente "Pussy Riot" e che è famoso per motivetti banali e per testi fitti di turpiloquio e insulti vari ai potenti di Russia e al potere in genere. Le loro esibizioni le hanno rese famose su YouTube. Non sono il massimo dal punto di vista artistico ma l'effetto è certamente forte e vale qualche "clic". Per mesi si sono divertite a comparire a sorpresa in luoghi ufficiali e suggestivi: il mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa ricoperta di neve, lo spiazzo davanti alla Casa Bianca, sede del governo sulla Moscova ricoperta di ghiaccio. Veri e propri blitz in cui le ragazze in abiti coloratissimi e con i volti coperti, improvvisavano con chitarre, bongo e balalaike, piccoli pezzi "rap" dimenandosi e urlando fino a quando la polizia le convinceva
a lasciar perdere.
Un rituale incruento e perfino simpatico con gli agenti talvolta imbarazzati che le invitavano a tornare a casa senza esagerare in rudezze e minacce. Ma la settimana scorsa le "Pussy Riot" hanno superato il limite. Hanno fatto il loro numero sul sagrato della Chiesa del Santissimo Salvatore, quella che Stalin fece abbattere con la dinamite e che Eltsin fece ricostruire come "espiazione di un Paese intero per gli orrori subiti dai fedeli nel corso dell'era Sovietica". Il concertino aveva avuto più o meno il solito rituale. La canzone si intitolava "Oh Madonna, liberaci da Putin". E le ragazze non avevano fatto in tempo a finirla perché interrotte dall'inevitabile arrivo della polizia. Sembrava tutto finito. La solita bravata di un gruppetto che perfino Putin, che non brilla per senso dell'umorismo, aveva mostrato di guardare con tenerezza.
Ma il Patriarca Kiril è di ben altro stampo. Ha tuonato in omelia contro il sacrilegio, il grave insulto alla Chiesa, i pericoli che può scatenare una "deligittimazione della cristianità". E dietro le quinte ha fatto di più: ha chiesto a Putin e ai suoi che venisse fatta giustizia e in maniera esemplare. Il risultato è che la cosa si è fatta improvvisamente seria. Il premier e neoeletto presidente si è scusato pubblicamente con tutti i cristiani di Russia. La polizia ha derubricato per qualche giorno la caccia ai terroristi ceceni e si è dedicata solo alle "Pussy Riot". Ha arrestato cinque donne e le ha accusate del reato di "teppismo e vilipendio dei luoghi sacri" che vuol dire anche sette anni di galera. Le ragazze finite in cella negano e giurano di essere vittime di uno scambio di persona. Due hanno un bambino piccolo e non sanno a chi affidarlo. Altre due hanno deciso di drammatizzare la cosa cominciando uno sciopero della fame.
E il movimento di opposizione al regime, che finora le aveva ignorate, comincia a chiedere la loro liberazione. Ieri un centinaio di giovani attivisti per i diritti umani hanno tentato di inscenare una preghiera in Chiesa per le "Pussy Riot". Hanno trovato il portone sprangato "per motivi tecnici". E l'ufficio del Patriarca insiste nel parlare di "grave episodio da punire". Con abilità ormai consumata il governo ha così trasformato cinque sconosciute dilettanti in un'altra icona anti Putin che campeggerà in slogan e striscioni alla prossima manifestazione dell'opposizione prevista per sabato.
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