Dal blog di Mauro Biani
INTO DARKNESS
THE LAST HOPE
BENEVENUTA SINISTRA
Dal blog di Mauro Biani
Scritto il 30 novembre 2012 nella News, Pace, Popoli e politiche, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Dal blog di Mauro Biani
Scritto il 23 novembre 2012 nella Attualità, No War, Pace, Popoli e politiche, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Dal blog di Mauro Biani
Scritto il 16 novembre 2012 nella Attualità, News, No War, Pace, Popoli e politiche, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Alle 5.15 di mercoledi mattina (ora italiana) Barack Obama è stato rieletto per un secondo storico mandato alla Casa Bianca. “Four more years” è lo slogan che ha condotto il presidente americano alla vittoria sul repubblicano Mitt Romney.
La foto dell'abbraccio appassionato con la First Lady Michelle è diventata in poche ore lo scatto più ritwittato di sempre e il discorso di Obama dopo la vittoria sta facendo il giro del mondo. Eppure, sebbene il presidente Usa appena rieletto dichiari davanti ai sostenitori al suo quartier generale di Chicago che "il meglio deve ancora venire" l'entusiasmo che si respira oggi appare ben diverso da quello che 4 anni fa ha celebrato la vittoria di Barack Obama.
Da rivoluzionario a “il meno peggio”: l'impressione è che agli occhi di molti cittadini, statunitensi e non, quello che nel 2008 appariva come l'artefice di una imminente rivoluzione globale sembra oggi piuttosto 'il male minore'.
Pacifismo, ambientalismo, diritti civili. A ben vedere, infatti, quella promessa di cambiamento epocale
annunciata con vigore da Obama nella precedente campagna elettorale è stata disattesa sotto molti punti di vista.
Riforme poco incisive e azioni poco determinanti hanno caratterizzato infatti la politica ambientale perseguita dal presidente Usa che aveva inizialmente promesso una grande green revolution. In questi anni le speranze di ambientalismo ispirate da Barack Obama sono man mano sbiadite, offuscate dalla macchia nera del Golfo del Messico, dal potere delle lobby e dai tatticismi politici.
Tra i segnali del dietrofront di Obama nella lotta all'inquinamento la richiesta avanzata nel 2011 di ritardare almeno fino al 2013 l'introduzione di standard sull'ozono assieme alle relative restrizioni per le emissioni nocive di smog. In quel caso le associazioni ambientaliste statunitensi hanno letto nella mossa di Obama “l’ennesima genuflessione agli interessi delle cosiddette Big Oil, le lobby del petrolio, e delle King Coal, quelle del carbone”.
E mentre il verde sbiadiva, il pacifismo di Obama vacillava. “La fiaba di un Obama refrattario di fronte al militarismo israeliano? Errore: dietro la maschera del sorriso, il presidente americano in realtà spinge per la guerra planetaria e si prepara a farla digerire al suo popolo”, rilevava Giorgio Cattaneo all'inizio di quest'anno.
Molto discussa è stata poi legge straordinaria voluta da Obama contro il dissenso, che consente la
“detenzione a tempo indeterminato” di cittadini americani nonché l' ordine che dà al presidente piena discrezionalità sul controllo delle risorse degli Stati Uniti, sia in tempo di guerra che in tempo di pace.
L'operato di Obama, in generale, non è riuscito, almeno sino a questo momento, a rispondere a quell'esigenza di global change sempre più avvertita dai cittadini ed espressa dai movimenti di indignati nati negli ultimi tempi, figli del malessere e l'insofferenza verso il sistema dominante.
Un quadro che sembra suggerire che il vero cambiamento non può venire dai leader del mondo, la cui agenda politica è irrimediabilmente condizionata dagli interessi delle lobby economiche e finanziarie. Nessuna speranza, dunque? Forse, come ha affermato il linguista Noam Chomsky in una recente intervista, “l' unica speranza è che 'Occupy Wall Street' e altri movimenti dal basso continuino a far breccia nell' opinione pubblica, trasformandosi in un volano per il cambiamento".
Scritto il 09 novembre 2012 nella Ambiente, Elezioni, Natura, News, No War, Pace, Popoli e politiche, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
La commissione uranio ha trovato una nuova probabile causa dell'elevato numero di neoplasie registrate tra i nostri militari. L'audizione di un giovane caporal maggiore gravemente malato davanti ai senatori commossi. L'esperto: "Non sono sbagliati i protocolli, ma le modalità, i tempi e i controlli sulle somministrazioni". Dati impressionanti, ma l'esercito non riconosce il nesso causale
ROMA - Il caporal maggiore Erasmo Savino ha 31 anni, ha un cancro in fase avanzata, ma il 3 ottobre scorso si è alzato dal letto e non ha fatto la chemioterapia. Occhiaie profonde e fasciatura al braccio. E' seduto davanti al computer, emozionato e teso, collegato in videoconferenza col Senato della Repubblica. Col suo accento campano racconta alla Commissione parlamentare d'inchiesta per l'uranio impoverito di aver lavorato per 13 anni come maggiore dell'esercito. Spiega che adesso lotta contro un tumore maligno e afferma di averlo sviluppato a causa di un mix di vaccini fatti in poco tempo seguiti dall'esposizione all'uranio impoverito in Kosovo.
Parla lentamente per non sbagliare nessun dettaglio, accompagnato da un foglio scritto. Poi, davanti alle domande dei senatori, si lascia andare a una testimonianza più personale e drammatica: "Forse sono arrivato alla fine della mia vita... Certo sono un soldato, continuo a combattere, ma sono stato abbandonato dallo Stato". L'aula è ammutolita alcuni senatori sono visibilmente commossi. L'avvocato di Savino, Giorgio Carta, descrive le motivazioni scientifiche che portano a ritenere che ci sia collegamento tra i vaccini cui è stato sottoposto il giovane e il cancro che l'ha colpito. Non è il solo, molti sono già scomparsi, altri giacciono in un letto. Tutti giovani. Centinaia almeno, ma non è possibile avere dati certi... Anche perché, per il Ministero della Difesa questi casi non esistono, non sono collegati al lavoro.
Attorno al tavolo della commissione volti tirati e occhi lucidi. Il Senatore Giacinto Russo afferra il cellulare, scrive un sms al figlio militare che si trova in Afghanistan chiedendogli se anche lui ha fatto tutti quei vaccini in poco tempo. Arriva la risposta, il Senatore si porta le mani al viso. La risposta è un "sì". La seduta continua in apnea, si parla di un Paese in cui si è costretti a scegliere tra salute e lavoro, qualcuno dice "come a Taranto". Questi ragazzi sono precari, negare il consenso ai vaccini significa smettere di lavorare. Il senatore Gian Piero Scanu non riesce a finire il suo intervento, gli
manca la voce, si piega su se stesso commosso.
Insomma, la commissione sull'uranio, dopo anni di stasi, ora ha trovato una nuova importante traccia da battere e gli studi scientifici in merito sembrano parlare chiaro. Sarebbero i vaccini numerosi, ripetuti, spesso fatti senza rispettare i protocolli, a indebolire ragazzi sanissimi, a tal punto da aprire la porta a malattie molto gravi, specialmente nel momento in cui vengono esposti a materiali tossici o sostanze inquinanti che possono essere l'uranio impoverito ma anche la diossina, le esalazioni di una discarica o agenti chimici fuoriusciti da una fabbrica.
L'85 per cento dei militari ammalati non è mai stato all'estero. Il problema è che non serve arrivare in Kosovo: la stessa Italia con tutti i suoi veleni rappresenta un pericolo mortale per chi ha un sistema immunitario impazzito a causa dei vaccini. Come accadde a Francesco Rinaldelli, alpino di 26 anni mandato a Porto Marghera e poi morto di tumore. Qualche numero negli anni però è venuto fuori.
Scritto il 10 ottobre 2012 nella Attualità, Governo Italiano, Lavoro, News, No War, Pace, Politica, Salute e benessere, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Da lettera43.it
Passano i giorni, cresce la rabbia, si moltiplicano gli attacchi e le vittime.
Dopo la morte dell’ambasciatore Usa in Libia, Chris Stevens, avvenuta l'11 settembre in circostanze ancora poco chiare la furia anti-americana ha trovato terreno fertile in Yemen e Iran.
E non accenna a placarsi in Egitto, trascinando nel vortice anche la vicina Tunisia.
Giovedì 13 settembre centinaia di manifestanti hanno assaltato la sede diplomatica statunitense a Sanaa, capitale dello Yemen, bruciando le vetture del personale diplomatico e arrivando ad appiccare il fuoco a uno dei compound oltre i cancelli di protezione. La polizia ha sparato per disperdere la folla che cercava di scavalcare le inferriate, uccidendo quattro persone (34 i feriti).
Nessun morto ma circa 200 feriti al Cairo, dove per il terzo giorno di fila militanti islamici sono scesi in strada bruciando le bandiere americane e cercando di rimuovere le insegne dell’ambasciata. Scene simili si sono viste anche in Tunisia e, per la prima volta da questa nuova intifada globale contro gli Stati Uniti, anche in Iran.
Gli iraniani, circa 500 secondo testimoni oculari, si sono radunati intorno all’ambasciata Usa scandendo «morte all’America», in un preoccupante remake della crisi del 1979, quando la sede venne occupata dagli studenti e 52 statunitensi furono presi in ostaggio.
A mantenere alta la rabbia, secondo la vulgata ufficiale, è ancora la messa in onda su un’emittente
cairota di spezzoni di un film offensivo nei confronti del profeta Maometto - Innocence of muslims - presumibilmente prodotto in California dal regista Sam Bacile.
Tuttavia, secondo indiscrezioni della stampa americana, non esiste alcuna persona con quel nome in America. E sempre di più si fa strada l’ipotesi che il filmato sia stato un pretesto, utilizzato da al Qaeda e dal suo ramo libico-yemenita Ansar al Sharia (Partigiani della legge islamica).
La paura che la violenza conosca nuove vampate ha costretto il presidente Barack Obama a rafforzare le misure di sicurezza in tutti i territori coinvolti. «Faremo tutto il necessario per proteggere i cittadini americani», ha promesso l’inquilino della Casa Bianca, dopo aver schierato due navi da guerra al largo della Libia e lasciando aperto qualsiasi spazio di manovra.
I timori più grossi, tuttavia, riguardano al momento la mancanza di condanne forti e significative per le manifestazioni anti-americane da parte dei leader arabi.
Con la significativa eccezione dell’Arabia Saudita, alleato di ferro di Washington nonostante la fede wahabita, branca del sunnismo di rigidissima ispirazione islamica, il resto dei governanti dell’area non si è fatto sentire.
A spaventare è soprattutto la scarsa empatia nei confronti dell'America registrata finora da parte di Mohammad Morsi, neopresidente egiziano estratto dalle fila dai Fratelli Musulmani.
L'Egitto, che durante la 30ennale dittatura di Hosni Mubarak è stato un baluardo della strategia americana nel contenimento del terrorismo, ha speso parole dure contro il film che si fa beffe dell’Islam, ma non ha lanciato messaggi particolarmente distensivi alla Casa Bianca.
Morsi ha definito il film «un crimine contro l’umanità e contro i musulmani», e si è schierato contro il pastore fanatico Terry Jones, già famoso per aver bruciato il Corano e responsabile questa volta di aver rilanciato il filmato incriminato.
Per contro, il presidente islamico ha offerto a Obama una piccola rassicurazione, segnalando che la difesa dei cittadini stranieri è un compito dell’Egitto.
L’Europa, per il momento, resta a guardare. Ma la paura che le proteste possano portare il segno di al Qaeda e che il terrorismo possa riaffacciarsi in Occidente inizia a farsi sentire.
A Berlino sempre giovedì è scattata la psicosi per un pacco sospetto arrivato all’ambasciata Usa. Era un falso allarme. Ma la psicosi, invece, è verissima.
Scritto il 14 settembre 2012 nella Attualità, News, No War, Pace, Popoli e politiche, Religioni, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Da unicef.it
Crescono le necessità riguardanti la salute e la nutrizione dei circa 1,3 milioni di bambini colpiti dalla crisi in Siria (all'interno del paese e negli stati vicini); per questo migliaia di bambini siriani vengono monitorati per prevenire la malnutrizione.
Nel campo profughi di Za'atari (nel nord della Giordania), parallelamente alle vaccinazioni settimanali, vengono portati avanti screening nutrizionali.
L'UNICEF e il Ministero della Salute, in collaborazione con l'OMS e le agenzie partner, lanceranno una campagna di vaccinazione antimorbillo e antipolio per più di 100.000 bambini che si trovano tra il campo di Za'atari, i centri di transito nelle vicinanze e le comunità che ospitano rifugiati nel nord della Giordania.
«Il conflitto ha sconvolto i servizi sanitari in tutta la Siria, così molti bambini rifugiati e le loro famiglie non hanno avuto accesso alle vaccinazioni di routine o ad altri servizi sanitari di base» ha dichiarato Mahendra Sheth, Responsabile Salute dell'UNICEF per il Medio Oriente.
«Questo lavoro è vitale perché durante la crisi i bambini sono più vulnerabili alle epidemie e alla
malnutrizione, soprattutto coloro che vivono in contesti come il campo di Za'atari.»
Lavorando in condizioni di estrema difficoltà, l'UNICEF e i partner locali in Siria stanno raggiungendo - con aiuti sanitari salvavita - le famiglie rifugiate nelle scuole di Damasco.
Otto squadre mediche mobili stanno per partire e raggiungere 175.000 persone in molte regioni, le più colpite dal conflitto in corso, tra cui Aleppo, Damasco, Dara'a, Hama e Homs.
Si stanno facendo anche rapidi monitoriaggi della situazione nutrizionale dei bambini dell'area di Damasco.
In Libano e Iraq, dove rispettivamente più di 40.000 e 15.000 siriani hanno trovato rifugio, i bambini vengono vaccinati; si sta monitorando attentamente lo stato nutrizionale dei piccoli sotto dei 5 anni di età.
«Le necessità che riguardano la salute e la nutrizione dei bambini siriani in tutta la regione aumentano rapidamente: dobbiamo quindi agire ora per garantire che siano protetti» ha dichiarato Maria Calivis, Direttore Regionale dell'UNICEF per il Medio Oriente e il Nord Africa.
L'UNICEF ha lanciato un appello alla comunità internazionale per un aumento dei finanziamenti per i programmi di emergenza per acqua, servizi igienici, istruzione, salute e nutrizione, grazie ai quali vengono aiutati decine di migliaia di bambini e le loro famiglie, in Siria e nei paesi vicini.
Leggi le altre news, storie dal campo e informazioni per donare su www.unicef.it/siria
Come puoi aiutare i bambini nella Siria
Anche tu puoi contribuire a salvare la vita dei bambini con una donazione online oppure con uno degli altri modi per donare:
- bollettino di c/c postale numero 745.000, intestato a UNICEF Italia, specificando la causale “Emergenza Siria”
- carta di credito online sul nostro sito oppure telefonando al Numero Verde UNICEF 800 745 000
- bonifico bancario sul conto corrente intestato a UNICEF Italia su Banca Popolare Etica: IBAN IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051, specificando la causale “Emergenza Siria"
- donazione presso il Comitato UNICEF della tua città (trova qui quello più vicino a te).
Scritto il 10 settembre 2012 nella Attualità, News, No War, Pace, Società e costume, Solidarietà | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
di Adele Lapertosa
L’uranio impoverito non sarebbe il responsabile delle malattie e morti sviluppate dai soldati italiani mandati in missione all’estero. Ci sono invece altri agenti, come cadmio e nichel, sostanze chimiche cancerogene, e vaccinazioni fatte in dosi massicce, che potrebbero aver provocato dei danni nell’organismo dei soldati: è la conclusione del progetto “Signum”, lo Studio di Impatto Genotossico Nelle Unità Militari promosso nel 2004 dal Ministro della Difesa sui militari impegnati in Iraq nell’operazione “Antica Babilonia”, terminato l’anno scorso ma finora mai pubblicato dal ministero della Difesa.
A parte infatti una breve relazione fatta da alcuni membri del Comitato scientifico di Signum alla commissione d’inchiesta del Senato sull’uranio impoverito nel gennaio 2011, non vi è traccia ufficiale dei risultati di questo studio, le cui conclusioni sono state consegnate un anno fa al ministro della Difesa. Il progetto Signum è nato sulla base delle raccomandazioni della Commissione Mandelli (che nel 2000 rilevò un eccesso di linfomi di Hodgkin nei militari che erano stati nei Balcani), ed è stato organizzato in due fasi: nella prima è stata valutata l’esposizione a elementi potenzialmente tossici tra il 2004 e 2005, mentre nella seconda è stata attuata una sorveglianza clinico-epidemiologica, ancora in corso, per analizzare la presenza di effetti a lungo termine. In totale sono stati coinvolti 982 militari, di cui il 60% tra i 30 e 39 anni. Sono inoltre state monitorate aria, acqua, terreno, condizioni climatiche, valutati i marcatori biologici incluso stile di vita, dieta, fumo, anamnesi patologica, e altre esposizioni a genotossici e vaccinazioni.
Tre i punti importanti emersi dallo studio. Nei soldati al termine della missione la quantità di uranio impoverito nelle urine e nel sangue non è aumentata, bensì diminuita. Nel loro organismo sono invece aumentati livelli di cadmio e nichel (cancerogeni riconosciuti) ed è cresciuto il danno ossidativo sul dna dei linfociti (cioè le cellule del nostro sistema immunitario che devono eliminare gli agenti patogeni esterni) in chi svolgeva mansioni con impiego esterno, come pattugliatori e conduttori, e in chi aveva subito 5 o più vaccinazioni o ricevuto vaccini vivi attenuati. Un evento quest’ultimo maggiormente presente in una frazione di popolazione “geneticamente suscettibile” (4% circa) e che, spiega lo studio, “presumibilmente dipende da un fenomeno adattativo all’immunità indotta dai cicli vaccinali”, ma che dovrebbe essere ulteriormente approfondito, insieme al ruolo di altre variabili, quali stile di vita e condizioni di impiego operativo.
Tuttavia non sono mancate delle “complicazioni” nello svolgimento dello studio. Nonostante il coinvolgimento dell’Istituto superiore di sanità e scienziati di altri istituti infatti, diversi campioni di sangue sono diventati inutilizzabili a causa dell’emolisi (cioè la dissoluzione dei globuli rossi, che rende necessario ripetere il test), “forse per un’imprevedibile interruzione della catena del freddo”. Poi sono stati smarriti e mai più ritrovati 195 campioni di urine raccolti al termine della missione e si è riusciti a prelevare solo 6 campioni di capelli, rispetto a quasi mille previsti, perché i capelli erano troppo corti al momento della raccolta. Criticità ed errori che però, come ha spiegato il comitato scientifico alla commissione del Senato sull’uranio impoverito, non minano i risultati dello studio, che rimane “solido scientificamente”.
Se allora i risultati sono validi, perché non sono stati resi noti? Certo, lo studio suggerisce di fare ulteriori ricerche e di considerare l’opportunità di adottare provvedimenti orientati a contrastare i possibili danni indotti da sostanze chimiche e vaccinazioni, magari modificando le abitudini di vita (con dieta ricca di frutta e verdura fresca), adottando misure precauzionali per tutte le attività esterne (fotoprotezione), e usando agenti antiossidanti. Ma dopo 8 anni e tanti soldi spesi ci si aspettava di più. Più certezze e meno errori. Soprattutto per i 192 militari morti e i quasi 4mila che si sono ammalati in questi anni per patologie legate all’uranio e altri agenti patogeni e che da anni attendono una risposta per capire cosa gli è accaduto.
Scritto il 11 giugno 2012 nella Attualità, Governo Italiano, Informazione, News, No War, Pace, Politica, Salute e benessere, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
Rossella Urru non è libera. Così come il gendarme mauritano Ely Ould Moctar. Lo affermano Sahara Media e Ani, le due testate che avevano annunciato sabato scorso la liberazione della cooperante italiana e del poliziotto. Secondo le stesse fonti, nella giornata di ieri la madre del gendarme avrebbe ricevuto una telefonata nella quale si confermava che l’agente si trova ancora nelle mani dei suoi sequestratori.
Il sito dell’Ani, citando una fonte anonima del nord del Mali, afferma che i “negoziati per la liberazione di Rossella Urru, Moctar e dei due cooperanti spagnoli sono ancora in corso” e che vi partecipano “elementi collegati all’Aqmi e al Movimento Jihad”. Ancora l’Ani scrive che “fonti concordanti hanno detto che il governo italiano è favorevole a pagare un riscatto per la liberazione della Urru”.
Scritto il 07 marzo 2012 nella Attualità, Governo Italiano, News, No War, Pace, Politica, Popoli e politiche, Società e costume | Permalink | Commenti (0) | TrackBack (0)
La notizia della volontà del ministro Di Paola di autorizzare i nostri caccia in Afghanistan a condurre bombardamenti assume una valenza molto più concreta se vista dalla prospettiva di chi, in quel Paese, vede ogni giorno gli effetti dei raid aerei della Nato sulla popolazione civile.
Paolo Piagneri, fisioterapista dell’ospedale di Emergency in Helmand, a E online: “A proposito di bombardamenti, stamattina due vittime di un bombardamento Nato sono state portate al nostro centro chirurgico di Lashkargah.
Stavano lavorando la terra nel loro campo a Marmonda, a un’ora di macchina da qui, quando si sono trovati in mezzo a un conflitto a fuoco fra talebani e americani. Questi ultimi hanno chiesto supporto aereo e sono arrivati gli aerei a bombardare.
Agha Mohamed ha 11 anni, ha perso la gamba destra nell’esplosione e, a causa della grossa ferita, in sala operatoria ha subito anche l’amputazione dell’avambraccio destro.
Suo fratello maggiore Mossa, di 18 anni, ha riportato vari traumi gravi, una lesione alla trachea e forse perderà anche un occhio colpito da una scheggia.
A chi vuole dotare di bombe gli aerei italiani suggerirei di farsi un giro qui per sentire l’odore della carne bruciata e vedere coi loro occhi le schifezze che provocano”.
Scritto il 10 febbraio 2012 nella Attualità, Governo Italiano, News, No War, Pace, Politica, Società e costume, Telekabul | Permalink | Commenti (
Vicesindaco del Comune di Colorno (PR) con delega al Bilancio, Comunicazione e Partecipazione, Servizi Pubblici, Innovazione Tecnologica.
Il Gruppo è costituito da:
- Marco Pezziga (capogruppo)
- Alessandro Niero
- Mirko Reggiani
gruppo.perlasinistra @ comune.colorno.pr.it
MPS è presente anche nel Consiglio dell'Unione Bassa Est Parmense, attraverso il proprio rappresentante Marco Pezziga.
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